Se ora vi chiedessi di visualizzare mentalmente un medico, la stragrande maggioranza di voi visualizzerebbe un uomo. Forse anziano e canuto, forse giovane e figo, con il camice bianco o magari con la divisa verde e il fonendo al collo, tipo ER. Ma comunque un uomo.
Nulla di preoccupante, il vostro pregiudizio, sebbene involontario, arriva da lontano.
Nelle civiltà più antiche alle donne la pratica della Medicina era assolutamente interdetta. Ad Atene, nel IV sec a.C. la povera Agnodice dovette travestirsi da uomo per poter esercitare il lavoro di ginecologo, rivelando la propria identità sessuale solo alle pazienti. Questo la rese presto piuttosto popolare, anche perchè molto abile. I colleghi maschi insinuarono che seducesse le pazienti e, per evitare la pena di morte, in tribunale fece cadere la veste e rivelò l’inghippo. Un colpo di teatro che le salvò la pelle. Passarono quindi all’accusa di esercizio abusivo della professione, ma le matrone locali insorsero e lei continuò a esercitare.
Questa è roba da Achei, starete pensando. Bene, ora vi racconterò dell’esimio dott. James Stuard Berry, pluridecorato chirurgo militare, che prestò servizio alle truppe britanniche in Africa, Caraibi, Malta e Crimea, fino a divenire, nel 1857, Ispettore Generale degli Ospedali Canadesi. All’epoca, nonostante l’innegabile bravura, veniva spesso sottolineata la sua eccentricità. Insomma veniva sfottuto pesatemente perchè piccolo e minuto, con voce acuta e sottile, ma il dottor Stuard non era un buon incassatore e le sue risposte al vetriolo gli costarono la corte marziale. Solo alla morte si rivelò che la lingua biforcuta apparteneva a Miranda Stuard, che passò la vita a fingersi uomo, senza riuscire, però, a tacitare la propria linguaccia. E come darti torto, Miranda.
La storia delle donne in Medicina è piena di aneddoti del genere e di come la caparbietà femminile e un pò d’astuzia non fermarono le disgraziate figlie di Ippocrate.
La vera svolta la diedero alcune studentesse britanniche, tra cui Elizabeth Garret Anderson, che parteciparono polemicamente al test d’ingresso a Medicina all’Ospedale di Londra nel 1861. Il Rettore, avvisato preventivamente, fece un test difficilissimo.
Solo Elisabeth superò l’esame. Elisabeth fu cacciata dall’Università.
Assieme a Sophia Blake e altre studentesse completò gli studi in Svizzera, a Berna. Ritornarono, successivamente, nel Regno Unito e fondarono la “London School of Medicine for Woman”. La comunità scientifica non poteva più ignorarle e l’Ordine dei Medici fu costretto a riconoscerle.
Oggi gli studenti di Medicina e Chirurgia sono prevalentemente ragazze. Forse perchè un pò più secchione, forse perchè il lungo percorso formativo scoraggia i ragazzi che avvertono maggiormente l’urgenza di rendersi economicamente indipendenti, forse perchè la natura femminile è maggiormente predisposta all’assistenza e alla cura. Io non lo so.
Quello che so è che questo mestiere ci mette ancora tutte a dura prova. La maternità è ancora vista come un intralcio, spesso nei colloqui viene chiesto se abbiamo figli o se abbiamo intenzione di averne, i turni massacranti, con notti e fine settimana, sono difficilmente gestibili senza un compagno più che collaborativo. Il senso di colpa nei confronti dei figli ti mangia.
Se invece non hai figli e ti sbagli ad essere, magari, una bella donna, prima di ammettere la tua bravura insinueranno che sei raccomandata, o che hai scopato il primario o, come ultima disperata ipotesi, che sei lesbica. No, che sei brava e basta verrà detto molto dopo, magari sottovoce.
Nonostante tutto questo continuiamo a studiare, a esercitare, a visitare, ad addormentare, a operare. In una parola a curare.
Consapevoli del fatto che in corridoio, a fianco di un collega maschio, un paziente di passaggio si rivolgerà a lui con “Dottore” e a noi con “Signorina”.
Fortunatamente discendiamo tutte da Miranda: “Signorina a chi?”.