Eredità

Adesso vi racconto una storia.

E’ la storia di un chirurgo che è appena morto. Si lo so, ne muoiono tutti i giorni, ma per me lui è stato speciale. E ora vi dico perchè.

Era un Neurochirurgo eccezionale, uno che ha fondato la Neurochirurgia in Italia, un talento raro che ha avuto offerte per tutta la vita di andare negli Stati Uniti, di sfondare, ma che è rimasto qui. Prima sulle colline, poi nella dimenticata pianura. Nei posti più sfigati, dove, però, poteva fare il suo lavoro senza troppe rotture di coglioni. Perchè non voleva rotture di coglioni. Voleva solo poter fare il proprio lavoro. Qui, tra la sua gente.

Questo medico era un nostro amico, o, meglio, padre di un nostro carissimo amico. Sapete, no? Quelli che sono i vostri testimoni di nozze e voi delle loro, i padrini dei vostri figli e voi dei loro. Quegli amici lì. Quelli speciali.

Ma questo non basta. Quel neurochirurgo è quello che ha operato mio marito quando ha avuto un tumore al cervello. Benigno, per carità, ma brutto e grosso e, comunque, potenzialmente mortale.

Quando l’ha operato, quel giorno così lontano, così vicino, sapere che lui fosse lì era per noi un grande conforto.

Andrà tutto bene perchè c’è lui. Lui non permetterà nessun errore, lui non darà alla malattia nessuna via di fuga. Lui risolverà il problema. Lui ci riporterà a casa.

E così è stato.

12 lunghe ore di battaglia, di bestemmie, di guerra senza remore, in cui, alla fine, ha vinto. Il tumore era tolto. Mio marito era vivo.

Ricordo come ora quando, il mattino dopo, mi ha raggiunto in Rianimazione, dove mio marito giaceva ancora in coma. Mi ha preso per mano, mi ha portato al suo letto:”Vedi? Ora sembra paralizzato per metà del corpo, ma non ti preoccupare, è solo l’edema. Tornerà a muovere tutto. Perchè io so che cosa ho toccato, so che cosa ho tolto. Non ti preoccupare, te lo rimando a casa dalle bambine come nuovo.”.

E io gli ho creduto, gli ho creduto ciecamente. Perchè ero disperata, perchè ero incinta di 8 mesi e lui mi aveva fatto una promessa, perchè io avevo un dolore grande come la mia pancia, grande come il suo tumore, grande come la speranza che lui mi dava.

Mio marito si è risvegliato e, con il passare dei mesi, ha ripreso a muovere tutto. 

Solo la punta del piede paralizzata ci ricorda ancora, ogni giorno, quanto siamo stati fortunati.

Ora lui non c’è più e noi piangiamo, ma non siamo tristi, perchè pochi uomini possono andarsene da questa vita con la consapevolezza di aver fatto così tanto per gli altri.

E voglio pensare che se mio marito salva le vite è perchè lui ha salvato la sua, perchè se io salvo le vite è perchè lui ha salvato le nostre.

Perchè se io non ho dovuto raccontare alle mie figlie che papà è morto, o paralizzato, è grazie a lui.

Se mio marito è vivo, lavora, corre, scia e porta le bimbe a letto prendendole in braccio è grazie a lui.

Se abbiamo una vita normale è grazie a lui.

Io non credo al Paradiso, ma ora vorrei poterne costruire uno solo per metterlo al centro. Al posto che merita.

E mi resta un grande dubbio.

Chissà se quel giorno, nei miei occhi disperati, ha letto quello che avrei voluto dirgli.

Grazie.