Se fossi Ministro della Sanità.

Spesso mi piace giocare sui social proponendomi come prossimo Ministro della Sanità. Come se bastasse essere Medico per essere un buon Ministro. Non è vero, lo sappiamo bene, ma la cosa sulla quale voglio porre l’attenzione, quando faccio così la bulla, è il fatto che spesso le istituzioni non abbiano idea di quali siano, concretamente, le urgenze delle categorie professionali. 

Io non sarò mai Ministro ed è giusto così, ma il gioco mi ha preso la mano e mi sono concentrata, davvero, su che cosa farei se domani ricevessi la telefonata :”Complimenti, Paola, sei il nuovo Ministro della Sanità. Cazzi tuoi.”

Questo post sarà il mio programma ministeriale. Immaginatemi tutta impettita, un bel tailleur di sartoria e la piega appena fatta. E magra. Mi raccomando, magra.

Innanzitutto i Costi Standard. Nelle diverse regioni d’Italia, spesso con differenze intraregionali tra provincia e provincia, i materiali sanitari (siringhe, cerotti, tubi e deflussori) hanno costi diversi per le diverse ASL. In parole povere la stessa siringa che A paga 1, a B costa 10. Come è possibile? E’ possibile solamente gonfiando artificiosamente i prezzi, perchè, se la ditta ha sempre lo stesso listino, ma il prezzo finale pagato dalla ASL è più alto, significa che nei vari passaggi, tra il prodotto e il portafoglio, le spese “aggiuntive” si sommano in modo incontrollato e il prezzo finale si gonfia. Ma questo non è accettabile. Tuttti devono pagare la stessa cifra per i medesimi prodotti, poco mi frega quante spese aggiuntive vi siate inventati negli anni. Il prezzo è quello e quello deve risultare nei bilanci. Il resto è fuffa.

Il numero di Ospedali pubblici. E, qui, pesto un merdone (ma non sarà l’unico). In Italia ci sono troppi ospedali, in alcuni posti uno ogni 10 chilometri. E, questo, ormai, non è più sostenibile. In tempi di vacche grasse ogni politico locale si è “guadagnato” voti promettendo ( e, successivamente, realizzando) presidi sanitari in ogni città, paese e contrada che potesse essere “bacino di voti”. In un’Italia di campanili e cortili era importante avere il proprio ospedale, perchè:”Noi sì e voi no.” Questo ha portato alla nevrotica replicazione ossessiva di micro-ospedali che non si sono nemmeno preoccupati di distinguersi dalla base per peculiarità o eccellenze. No, centinaia di repliche di mediocri Medicine e Chirurgie Generali, con troppi pochi casi per farsi una vera esperienza e troppa poca umiltà per capirlo.

I piccoli ospedali sono pericolosi. Non lo ripeterò mai abbastanza.

Questo non significa chiudere tutti i presidi al di sotto di un certo numero di posti-letto, ma ottimizzare queste risorse, per risparmiare soldi e ridurre i rischi. Non ha senso che ci siano 3 Chirurgie, 3 Medicine e 3 Ortopedie nell’arco di 20 km. Ma è molto più sensato che il primo ospedale abbia la Chirurgia, il secondo la Medicina e il terzo l’Ortopedia. Ciascuno con il triplo dei casi, il triplo dell’esperienza, ma un terzo di Primari, un terzo di Caposale e molta meno attrezzattura rispetto a prima. Ciascuno si prende un ramo su cui si convoglia tutta l’utenza della zona di competenza, senza peregrinaggi dei pazienti e inutili guerre di potere tra i reparti per contendersi l’osso dei malati.

Altro giro, altro merdone. L’assistenza sanitaria non urgente a chi non paga le tasse allo Stato. Prima di lapidarmi, o indicarmi come eroina, ascoltate cosa succede ogni giorno negli ospedali.

Innanzitutto per non-contribuenti non intendo ciò che nell’immaginario collettivo si intende per “evasore”, ovvero l’industrialotto che dichiara 10  e porta in Svizzera 1000. Quelli a noi interessano poco, perchè da noi, negli ospedali pubblici, non vengono proprio. Ma non vanno manco dal Medico di base, se non strettamente necessario. Quella è gente che, per principio, va nelle strutture private. Per mentalità, per ignoranza, per forma mentis, non lo so. Ma se arrivano da noi è perchè stanno per tirare le cuoia. E su questo non si discute: in urgenza si curano tutti.

Quello che invece succede ogni giorno è che una buon volume della nostra utenza, circa il 50% è composta da pazienti che rientrano, per mancanza di reddito, nelle fasce esenti da ticket. La stragrande maggioranza sono extracomunitari che vivono nel nostro paese. Con questo non intendo dire che gli extracomunitari, o, in generale, chi non ha reddito, non possa accedere alle cure: non sono scema e, se la leggete così, quelli in malafede siete voi. 

Quello che voglio dire è che una gran percentuale dei pazienti che usufruiscono dei servizi del Sistema Sanitario Nazionale non hanno mai contribuito con un euro alle spese sostenute dal Sistema stesso. E per servizi non intendo il taglio cesareo urgente, l’insufficienza respiratoria acuta o l’assistenza a un politraumatizzato. Intendo tutti quegli interventi di routine che non compromettono la vita del paziente a breve o a lungo termine. Se ti rompi il naso, per un motivo qualsiasi, puoi vivere tranquillamente con il naso storto tutta la vita senza problemi. Se, poi, sei uno che il naso se lo rompe almeno una volta al mese, perchè ti piace fare a botte o che so io, non è possibile che tu ti sottoponga a un intervento da circa 3000 euro ogni mese, intervento che non è salvavita e che a te, che non hai mai versato un euro, non è mai costato niente. Spero di essermi spiegata.

Chi vive in Italia da straniero, spesso non ha un lavoro in chiaro, ma è pagato in nero, nero che non risulta alle casse dello Stato e che non risulta a noi, tranne quando ci troviamo gli ambulatori imballati di persone che “Forse non sentono bene da un orecchio” e “Forse hanno troppe tette e se le vogliono ridurre.” Io vi giuro su quanto ho di più caro che non mi sto inventando nulla.

A ciò si aggiunge il fatto che molto spesso questi pazienti fanno operare presso i nostri ospedali anche i congiunti che vivono ancora nel paese d’origine, che vengono in Italia temporaneamente, si fanno visitare e operare per una patologia preesistente, e ritornano a casa propria con una bella stretta di mano e tanti saluti. L’ipovisus da cataratta e l’artori al ginocchio non sono patologie mortali e, nei Paesi del Terzo Mondo, la Sanità si paga cara e salata. Ma perchè tenersi cecità e male alle ginocchia quando si può, durante la visita annuale dal figlio, farsi mettere un cristallino o una protesi al titanio gratis et amor dei?

Questa situazione non possiamo più permettercela. Se non vogliamo arrivare anche noi al punto di dover pagare qualsiasi servizio che ci spetterebbe gratis per le tasse che paghiamo, dobbiamo risolvere questa emorragia di denaro speso, mai incassato.

La cosa più brutale sarebbe non erogare più assistenza, che non sia urgente o emergente, a chiunque non possa mostrare di aver contribuito in una qualsiasi misura alle casse dello Stato. E, in qualsiasi misura intendo anche solo persone che hanno lavorato in passato e ora sono momentaneamente senza lavoro. Su questa cosa si può ragionare, ma una cosa è certa: se continuiamo come ora non andiamo lontano.

Poi, per mia questione personale, limiterei, negli ospedali pubblici, la percentuale di medici e infermieri obiettori della 194, a non più del 10% del personale e che, comunque, in ogni turno, ci sia almeno un operatore non obiettore. Non sono tollerante, ma mi interessa poco: la Sanità è laica e se i tuoi credo religiosi implicano una grave carenza nelle cure ai pazienti è un problema tuo e non dei pazienti. Pedalare.

E poi grandi campagne di sensibilizzazione per Donazione d’Organi, di Midollo e di Sangue e campagne vaccinali a tamburo battente.

Poi romperei i coglioni agli altri ministri per aumentare i fondi alla ricerca e quelli alle scuole di specializzazione.

Insomma, non durerei un giorno.

Questo il mio umile, folle programma, se qualcuno nelle alte sfere volesse attingere idee e proposte, faccia pure, non sono gelosa, anzi.

Ma, come al solito, nessuno mi cagherà, loro resteranno a fare questioni di lana caprina e io resterò qui a mangiarmi il fegato.

Grazie per l’attenzione, è stato il ministero più breve della storia.