“Come si sente, dottore?”

Siate onesti, da quanto tempo vi parlo della tragica situazione della Sanità Italiana? Io vi vedo, da qui, tutti a pensare: “Eh, il solito melodramma, questi medici ricconi che piangono lacrime di coccodrillo, che si lamentano di “gamba sana”, e poi fatturano soldoni in nero…”

Eh, col cazzo, il tempo è passato e avete finalmente capito cosa volevo dirvi, vero? Oppure non avete capito, allora ve lo spiego con calma.

“Come si sente, dottore?”

“Male.”

Io sono abbastanza attiva sui social e vedo molti amici, molti contatti non-medici insospettabili, che si lamentano delle liste d’attesa per gli esami e di simili amenità.

Ditemi, esattamente, cosa pensavate che fosse la crisi della pubblica sanità?

Medici che, improvvisamente, non possono più comprare Rolex alla moglie a Natale, o il fatto che, la crisi cronica e irrecuperabile degli specialisti, portasse a un allungamento patologico delle liste d’attesa?

Secondo voi, il fatto che fare il medico sia il mestiere meno appetibile d’Italia, cosa significa?

Ve lo dico io, perché di medici, mio malgrado e mio piacere, ne conosco parecchi, tanti di questi li conosco da quando credevamo che la Medicina avrebbe salvato tutti noi e pure l’Universo intero, pensa quanto eravamo babbioni…

Pochi giorni fa ho avuto l’amore e il privilegio di fare un pranzo di Natale con i mie compagni di Università, la mia famiglia in quei sei anni, la persone che sono state il mio conforto e il mio rifugio in quegli anni disperati, tra esami e appelli e tu “Come sei messo di Immunologia?”

Ora, non per vantarmi, ma sono tutti e dieci professionisti affermati ed estremamente capaci, eppure lo sconforto era palpabile.

“Sai cosa ti dico, Paola, che se ora mi chiedessero: Se ti spari in un piede, non farai più le reperibilità! Ben, io chiedo di darmi la carabina, perché nel piede mi sparo, quasi volentieri, perché non ce la faccio più ad andare a letto, dopo aver addormentato due bambini e, poi, essere chiamato, una volta ogni tre notti, per un femore rotto, una lussazione, una frattura, a 10 euro l’ora. Questa cosa succede ogni 72 ore, perché non siamo sufficienti a coprire guardie per una settimana, quindi io preferirei la guardia attiva e non la reperibilità, almeno so che devo dormire in ospedale e non nel mio letto. Sembra una cazzata, ma fa la differenza. Per me significa portare i miei figli a scuola il giorno prima e dopo la notte. Ok, é niente per il mondo, ma per me é qualcosa. E per loro anche.”.

“Ah, bhe, certo, dall’altra parte ci sono io, che vengo chiamata da te che mi vuoi far fare una TAC per una novantatreenne che si è svegliata confusa, sono confusa anch’io alle tre del mattino, soprattutto perché vivo oltre i 30 km e dormo in una cabina armadio del reparto, per non essere in ritardo, per non creare problemi.”

Niente, niente di tutto questo ci impedisce di fare il nostro lavoro con scienza e coscienza, neppure le levatacce, neppure gli scazzi violenti con i colleghi, ma non ci capacitiamo di come voi utenti non riusciate a capire che se lanciamo l’allarme, questo non é un “Al lupo, al lupo!” é un : “Non ce la facciamo più, siamo pochi, stanchi e affranti, non riusciamo più ad ascoltarvi.”

Ogni giorno, negli ospedali italiani, almeno in quelli più piccoli, le sale operatorie vengono gestite da “gettonisti” di cooperative private, ogni anno circa 5000 medici del Servizio Sanitario Nazionale si licenziano per passare nel privato.

Ogni giorno, ogni ora, il SSN si sgretola di fronte ai vostri occhi e alle nostre mani.

La privatizzazione della Sanità non è il futuro, è già qui, nessuno ve lo dirà, perché nessuno é così suicida, ma é già finita.

Ogni giorno dei privati pagati a libera professione vi faranno servizi privati, ogni giorno, voi, senza accorgervene, passerete nelle maglie del privato.

“Dottore, come si sente?

Male, malissimo.

Cosa possiamo fare per lei?

Vi prego, provate ad ascoltarci.