Oggi ho bevuto solo caffè.
No, non ho mangiato.
Ho solo bevuto, acqua e caffè.
Nelle mie intenzioni ci sarebbe pure stato un pranzo della mensa: cavolfiori esausti e pasta stracotta.
E, invece, niente, non ho fatto in tempo, non l’ho ordinata nei rigidi confini temporali della mensa aziendale.
Acqua e caffè.
C’è di peggio e, comunque, non avrei avuto tempo.
Ora non vi annoierò raccontando di un turno assurdo e massacrante, di come una bombola dell’ossigeno mi sia caduta, in TAC di taglio sull’alluce.
Di un turno normale che dovrebbe essere straordinario ma non lo è.
Sono in Covid, oggi, e l’umidità è simile a un pomeriggio a Saigon.
Dopo 4 ore la divisa di cotone che porto sotto la Tyvek è fradicia di sudore.
Faccio fatica a concentrarmi, perché mi si sta ghiacciando addosso e non si lavora bene con rivoli freddi di sudore lungo la schiena, se devi concentrarti e pensare a cose importanti.
Quindi esco, e mi scuso con gli infermieri, “Esco pochi minuti, il tempo di cambiarmi”.
Ho dimenticato il cambio in macchina, mi lavo, ma la biancheria resta zuppa e la divisa, nuova e asciutta, si bagna, di nuovo, in un secondo.
Mi guardo allo specchio e in questi aloni zuppi vedo mille cose, vedo chi non sa cosa facciamo qui, cosa ogni giorno dobbiamo affrontare, che se solo potessi farvi vivere una mia giornata forse, ma solo forse, capireste il valore di certe scelte. Sono giornate zuppe di caffè e sudore, no proclami e dogmi, caffè che bevo e acqua che sudo. E come me, chi è con me, ogni giorno, ad arginare cose che nemmeno immaginate.
(Le foto sotto sono quelle della mia divisa, dopo quattro ore durante le quali ho provato ad essere un bravo medico. Uno di quelli che si suda l’anima.)

